Ogni giorno, alla cantina Il Poggiarello – realtà vitivinicola della Val Trebbia, in provincia di Piacenza – otto persone si siedono attorno a un tavolo con un compito particolare: legare, con gesti antichi e sapienti, i tappi a fungo delle bottiglie di Gutturnio e Ortrugo, vini frizzanti a denominazione di origine controllata rosso e bianco della tradizione piacentina che compongono la linea Gli Spaghi. Si tratta, appunto, degli Spagatori, addetti a questo compito meticoloso che riprende un’antica tradizione locale diffusa quando non c’erano gli strumenti tecnici per tenere sotto controllo temperature e fermentazioni né tanto meno le gabbiette in metallo, e poteva capitare che qualche tappo saltasse per la pressione. È un lavoro manuale che richiede attenzione e pazienza, e s’impara con l’esperienza: difficile, oggi giorno, trovare personale che abbia voglia di dedicarsi a qualcosa di simile, con costanza.
Il lavoro come rinascita
Da oltre dieci anni, però, l’azienda – fondata negli anni Ottanta dalle famiglie Ferrari e Perini, già alla guida da quattro generazioni di Cantine 4 Valli, di cui oggi Il Poggiarello rappresenta uno dei brand di punta – ha trovato in modo inatteso una soluzione grazie all’incontro con I Perinelli, Cooperativa Sociale agricola di Ponte dell’Olio nata da un progetto del Consorzio Cascina Clarabella in collaborazione con la AUSL di Piacenza che favorisce l’inserimento lavorativo di persone con disagio psichico puntando sui lavori nel settore agricolo, tra cui anche la produzione in proprio di vini legati al territorio e miele. Diretta e coordinata da Beatrice Rebecchi, ha dato luogo fino ad ora a 37 inserimenti lavorativi, di cui otto a Il Poggiarello. Rebecchi sottolinea il ruolo riabilitativo del lavoro, non solo come risposta economica all’autonomia delle persone ma anche dal punto di vista della socialità, come occasione di incontro e confronto: «Per molti di loro è una vera rinascita, soprattutto emotiva». E proprio lo spago, allora, diventa il simbolo di un legame forte e proficuo per tutti.
Alcuni dei “ragazzi” – in realtà un gruppo variegato di uomini e donne con età e storie diverse ma accomunati da una fragilità di vario tipo – sono infatti diventati Gli Spagatori e hanno trovato in questo lavoro, specializzato e giustamente retribuito, un modo per essere indipendenti economicamente, ma anche un’occasione di socialità e inclusione, e una preziosa fonte di autostima che combatte lo stigma (e l’auto stigma, che spesso porta a convincersi di non esser capaci a gestire un impiego) della malattia mentale: in Italia, dicono i dati, una persona su 5 soffre di un disturbo mentale – espressione dai significati sfaccettati che include ad esempio anche depressione e conseguenze di traumi – ma solo il 38% ha un lavoro, che rappresenta invece un tassello importante anche dal punto di vista del processo di recupero.